Oggi 26 ottobre 2019 ricorrono venti anni esatti dall’uscita di uno dei più bei dischi di progressive metal di tutti I tempi, un disco che è stato eletto superiore (dagli ascoltatori, non dalla critica) addirittura a ‘2112’ dei Rush e ‘In The Court Of Crimson King’ dei King Crimson; mica pizza&fichi…
Ma andiamo con ordine. Nel 1999 i Dream Theater erano già straultramega famosi grazie alle precedenti release ‘When Dream And Day Unite’, ‘Images And Words’, ‘Awake’ e ‘Falling Into Infinity’, uno dei dischi più sottovalutati della discografia anni Novanta della band, ma che in realtà cela dei gioielli di fattura estremamente raffinata (“Trial Of Tears” è una canzone divina) senza quelle divagazioni strumentali che spesso troviamo sin troppo autocelebrative. Ma con ‘Metropolis Part 2: Scenes From A Memory’ si superano. Superano tutti.
Per prima cosa una curiosità: il simbolo dei Dream Theater non è una loro invenzione, ma la copia dello stemma dell'anello di Maria Stuart di Scozia che raffigura la sua iniziale (M) incastonata con quella del marito, Francesco II di Francia (phi greco Φ). Compare più o meno evidente in ogni album della band, nata a Boston nel 1985 e trasferitasi a New York poco dopo.
L’artwork di copertina del disco è un favoloso collage di fotografie vintage che ritraggono persone e che forma il primo piano di un viso sconosciuto. Queste persone, ritratte nelle foto, altri non sono che i protagonisti della storia narrata nel concept del disco, una delle più emozionanti, coinvolgenti e “cinematografiche” di sempre. In effetti è proprio da alcuni film che il disco nasce, prende spunto: “L’altro Delitto” del 1991, diretto da Kenneth Branagh e con il grande e mai troppo compianto Robin Williams, il quale come attore drammatico supera decisamente i ruoli in cui appare più divertente e comico; si ricordano anche le magistrali recitazioni in “One Hour Photo”, “Insomnia”, “Risvegli”, “Bicentennial Man” (tratto dal racconto di Asimov e il successivo “Robot NDR-113”). Altri film da cui il disco trae esplicitamente ispirazione per il tema portante sono “Shining” (Kubrik, 1980) e “Angel Heart” (Alan Parker, 1984). In tutti e tre i film il filo conduttore è la memoria; memoria di un assassinio, memoria di vita passata, di redenzione e dannazione.
Lo stesso booklet è inoltre composto di articoli di giornale e titoli di notiziari a proposito di un omicidio, in cui vengono riprodotti i testi delle canzoni in stile retrò, anni Venti circa, in modo da rendere l’opera rock in perfetta sintonia temporale con l’intero concept.
Musicalmente si tratta quindi di una vera e propria opera in cui i brani si susseguono e mescolano senza soluzione di continuità in un flusso sonoro costante e magnifico, grandioso, con spunti e melodie che vanno dal progressive al jazz, con divagazioni strumentali e cavalcate metal impressionanti. È, inoltre, il disco più caldo e appassionato della band, totalmente privo di quella freddezza compositiva che spesso viene comunicata da quelle composizioni fin troppo elaborate. Il leitmotiv musicale viene ripreso più volte all’interno del disco, e i deja vù sono infiniti, proprio come accade nella mente di chi è convinto di aver già vissuto quella scena della propria vita e si chiede se in realtà non sia proprio così. I richiami a “Metropolis Pt.1” in quanto canzone, sono evidenti in “Overture 1928”, “Home” e “The Dance Of Eternity”. In quest’ultima vengono addirittura inseriti dei campionamenti da “Metropolis Pt.1” e riprodotti al contrario.
E, come in un’opera teatrale, l’unica interruzione evidente è lo stacco da ciò che viene chiamato Atto Primo e Atto Secondo.
La teatralità musicale e concettuale dell’intera opera è evidente dall’inizio alla fine; il disco apre con una seduta ipnotica anticipata dal ticchettio di un orologio che si sposta da destra a sinistra. Ci troviamo nello studio di uno psichiatra, ad ascoltare la classica formula di rilassamento per iniziare una regressione temporale dalla quale il protagonista non uscirà più, e che gli sconvolgerà la vita…
La storia è articolata e complessa, e i personaggi interagiscono tra loro all’interno delle canzoni stesse tramite non solo i testi espressi magnificamente da James La Brie, ma da dialoghi e registrazioni di voci fuori campo. I personaggi sono cinque, e si dividono in due diversi settori temporali. Inizialmente abbiamo nel presente, Nicholas, il paziente che non ricorda il suo passato e che fa strani sogni a proposito di una ragazza morta in circostanze violente e misteriose e di cui vorrebbe sapere di più; non riesce più a dormire al pensiero. Il secondo personaggio del presente è lo psicoterapeuta. La scena passata invece, ambientata nel 1928, appartiene ai soggetti Victoria Page, Julian Baynes e il senatore Edward Baynes, fratelli e rispettivamente soprannominati nel disco “The Sleeper” e “The Miracle”.
Atto I
Scene One – Regression
La regressione ipnotica ha inizio e Nicholas scivola in un sonno in cui le immagini e le parole risvegliano in lui esperienze passate che piano piano prendono forma e cominciano a svelarsi di quel mistero che tiene impegnati i suoi sogni.
Scene Two – Overture 1928, Strange Deja Vù
Nicholas è in una casa, l’aspetto gli è famigliare, conosce le stanze, riconosce l’arredamento. Si trova a salire una scala che lo conduce al piano superiore e in una camera da letto si vede riflesso allo specchio. Ciò che vede è il viso di una giovane donna. Riconosce quel viso, ma non conosce il nome né la storia. Sente che quella ragazza lo sta chiamando in aiuto. Da quel momento la vita di Nicholas sarà determinata dallo scoprire chi era e cosa cercava di comunicargli.
Scene Three - Through My Words / Fatal Tragedy
Nicholas ha una rivelazione sconvolgente. Capisce di essere la reincarnazione della giovane donna. Due corpi diversi, due tempi diversi, un unico spirito. A questo punto, sconvolto ma determinato a svelare i contorni dell’intera faccenda, cerca e trova la casa vista nei suoi sogni e va a visitarla. Scopre che un anziano conosce il passato e gli fa domande incalzanti. Il vecchio gli racconta parte della storia ma dopo alcune domande, e dopo avergli detto che una ragazza fu uccisa in quella casa, decide di non rispondere più e che dovrà arrangiarsi da solo. Il mistero si infittisce.
Scene Four – Beyond This Life
Da un giornale dell’epoca (1928) Nicholas scopre che in quell’anno avvenne un omicidio dai tratti misteriosi. Il senatore Edward Baynes è testimone oculare di un assassinio che non è riuscito a fermare. Da ciò che si legge nell’articolo, pare poi che l’assassino che ha sparato alla donna (Victoria Page) si sia a sua volta suicidato immediatamente dopo, davanti allo stesso senatore. Il giornale però introduce dei sospetti, così come gli investigatori del caso suppongono dall’analisi degli indizi lasciati. Un biglietto, trovato nella tasca dell’assassino lascia intendere che il suicidio fosse premeditato, il messaggio di non poter più vivere senza Victoria era esplicitamente scritto, e il coltello a serramanico trovato in mano a Victoria fa presumere che lei sapesse che stava correndo un grave rischio. La scena del delitto presentava inoltre dettagli che evidenziano una colluttazione.
Scene Five – Through Her Eye
Nicholas, appresa la storia passata, è pervaso ora da una tristezza che gli impregna l’animo. È dispiaciuto per Victoria che non ha potuto costruirsi una vita felice, non le è stata data la possibilità di avere figli, di farsi una famiglia, uccisa in giovane età. Lui, al contrario, ha avuto invece una vita felice e soddisfacente, ha una moglie e dei figli. Successivamente trova la tomba della ragazza, riconosce la lapide e il nome e la tristezza si tramuta in serenità poiché comprende che può realmente fare qualcosa: guardare la sua vita con occhi diversi e affrontarla con atteggiamento più positivo.
Atto Secondo
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